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    Utopia. Cittadini o attori?

    di Lucrezia Barile.
    articolo su QT 10 ottobre 2015


    Immaginate un assolato sabato pomeriggio di settembre, dal carattere ancora vacanziero ma più disilluso di quello di un sabato di agosto. Sono le cinque di pomeriggio, siete appena stati al lago a prendere il sole, senza fare il bagno perché l’acqua è fredda e il lago, ahimè, non è il mare. Sbirciando distrattamente tra le proposte culturali trentine avete letto nella sezione “Danza, teatro, performing art” di una performance in programma a Riva del Garda. Dove di preciso? Boh, tanto a Riva c’è il lago, si prende il sole e poi per spezzare il disimpegno estivo si prova a fare qualcosa di culturale... che magari è pure interessante.
    Alle cinque di pomeriggio siete lì. Il posto non è quello che vi aspettavate, non è nel sud della città, vicino alla riva piena di bar, con le vele in lontananza, i ristoranti, le viuzze, i negozietti, i furbi turisti settembrini. Vi ritrovate nel triste parcheggio di una Coop a nord del paese, gente che fa la spesa, bimbi senza compiti in bici, ragazzi in tuta usciti per fumare una sigaretta e portare a spasso il cane, anziani. Poco distante dal supermercato c’è uno spazio semichiuso, di passaggio, allestito con un tavolo, dei fari, delle sedie, gente che chiacchiera e ha l’aria di attendere che inizi qualcosa. Sarà qui, pensate, ma non ci sono costumi, musiche, neanche accenni di scenografie. All’orario indicato inizia un’assemblea. Intorno al tavolo un referente dell’amministrazione di Riva del Garda, un’insegnante, un esperto di processi partecipativi e un moderatore. La questione di cui si va discutendo è la presenza delle ringhiere intorno allo spazio aperto della vicina scuola. Per alcuni quelle ringhiere hanno privato quel quartiere, il rione 2 Giugno, di uno spazio aperto, di un luogo che prima era di tutti e che per motivi di presunta sicurezza è stato recintato per impedire danneggiamenti e di conseguenza anche la spontanea fruizione. L’insegnante racconta la storia del quartiere, dal pubblico un ex consigliere, un abitante del posto, un anziano signore dicono la loro, alcuni si affacciano distrattamente mentre vanno a fare la spesa. Il referente dell’amministrazione assicura che si potranno prendere nuove decisioni intorno a quello spazio e che saranno condivise con i cittadini, tutti potranno collaborare a reinventarlo. Una ragazza interviene ponendo la questione del come: qual è la maniera in cui ognuno può intervenire ed incidere realmente sulle decisioni che verranno prese? La risposta del delegato dell’assessore è prevedibilmente elusiva.Prende corpo un reale dibattito. L’oggetto della discussione è chiaro: le scelte delle amministrazioni vengono quasi sempre imposte dall’alto, chi vive i luoghi vede cose diverse, ha altre esigenze, ci sono degli inevitabili rapporti di potere che regolano l’utilizzo degli spazi pubblici, la rigenerazione urbana è un concetto falso e inattuabile se a pensarla non sono coloro che i luoghi li vivono. Eppure si insinua un dubbio: stanno parlando seriamente? Oppure sono attori? La signora è davvero un’insegnante? La sensazione che provate da spettatori è piuttosto strana e confusa.Si tratta di una finzione, ma è tutto vero. Si tratta di “Utopia”, la performance di un’assemblea pubblica partecipativa ideata dal Museo Wunderkrammer di Trento in collaborazione col Museo Alto Garda che si è tenuta sabato 19 settembre nel Rione 2 Giugno a Riva in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2015 e che si è conclusa con una performance acustica e un piccolo rinfresco. L’idea era quella di inscenare un’assemblea che avesse come oggetto di discussione l’utilizzo della progettazione partecipata come strumento di produzione del consenso.Quella del Rione 2 Giugno è un esempio emblematico di come le decisioni in materia urbanistica non tengano conto degli immaginari e delle esigenze individuali. La scuola, costruita negli anni ‘80, nelle intenzioni sarebbe diventata il punto d’incontro tra tempo chiuso e tempo aperto: finite le attività scolastiche gli spazi aperti usati al mattino sarebbero stati fruibili nel tempo libero. Questa intenzione si è rivelata un’utopia: per una serie di decisioni tecniche, la scuola ha chiuso i suoi spazi ed escluso il fuori.La performance è riuscita a mescolare realtà e finzione creando una sorta di effetto straniante nello spettatore che si è fatto inconsapevolmente attore laddove l’attore viceversa si è fatto persona reale, riproducendo in questo modo lo stesso straniamento che, entrando in quel quartiere, non è difficile avvertire.Quello fatto da WK e MAG è l’importante tentativo di provare ad utilizzare l’arte come leva per porre delle questioni, smascherare i vizi di forma che esistono nel rapporto tra persone e istituzioni e, più in generale, per provare ad opporsi ad una realtà e ad un modo di decidere che non ci piace. È questa un’espressione artistica che non predilige soltanto il suo aspetto culturale, ma esce dal chiuso, per andare ad incontrare la sua funzione sociale.È così che in un settembrino sabato pomeriggio assolato, in un quartiere fuori mano di Riva del Garda, un gruppo di persone, grazie ad una performance, si è posta il problema di modificare le cose.